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Margherita a Praga per incontrare il Dalai Lama

28/11/2008

Domenica 30 novembre gli donerà la maschera usata durante le Olimpiadi perché “come ha difeso me dagli attacchi delle mie avversarie, possa simbolicamente difendere lui e il suo popolo dai soprusi che stanno subendo”.

Margherita è partita oggi da Roma per Praga, dove domenica incontrerà il Dalai Lama all’Hotel Carlo IV, nel centro storico della capitale ceca. Partenza ritardata da Fiumicino a causa di un guasto tecnico sull’aereo. Margherita gli regalerà la maschera da scherma usata in gara durante le Olimpiadi di Pechino. Un sogno e una promessa, finalmente mantenuta, a tre mesi e mezzo dopo la conclusione dei Giochi.

Si concretizza così, con un gesto concreto e pieno di significato, il desiderio di Margherita. Appena tornata in Italia, dopo la conquista di due medaglie di bronzo, venne a conoscenza della repressione attuata dalla polizia cinese proprio in quei giorni nel Tibet. Dopo il primo momento di dolore e smarrimento, ecco la “provocazione”, ripetuta anche in queste ore che precedono l’incontro: “Mi auguro che, come la maschera che gli donerò ha difeso me dagli attacchi delle mie avversarie, possa simbolicamente difendere lui e il suo popolo dai soprusi che stanno subendo”.

Il Dalai Lama sarà a Praga invitato dal Forum 2000 e dall’ex presidente della Repubblica Ceca Vàclav Havel. Havl fu il primo capo di stato a ricevere il leader spirituale in visita ufficiale, nel 1990. Molto fitta l’agenda del Dalai Lama: l’incontro con Havel, la conferenza all’intergruppo parlamentare “Tibet Group” del Parlamento ceco, un public talk sul tema “Compassion: the basis of happiness”.

“Sono molto emozionata all’idea di incontare il Dalai Lama” spiega Margherita prima di imbarcarsi per Praga. “Lui è un uomo che da sessant’anni combatte in modo pacifico per la causa del suo popolo. Ho sempre ammirato l’equilibrio con cui ha saputo guidare la propria gente e farne sentire la voce in tutto il mondo dall’esilio. So che il mio gesto è una cosa piccola rispetto alla dimensione del problema, ma credo anche che sia dovere di ognuno fare quel che è nelle sue possibilità per contribuire al rispetto dei diritti umani. Non solo in Tibet, ma in tutti i paesi del mondo. Credo che noi sportivi possiamo contribuire proprio tenendo alta l’attenzione dell’opinione pubblica”.

Altri atleti avevamo manifestato solidarietà nei confronti del popolo tibetano, ma nessuno è stato duro come la Granbassi in quei giorni: “Mi sono sentita quasi in colpa. Per aver gioito per le mie due medaglie, mentre nello stesso paese si reprimono le manifestazioni di gente innocente. Siamo stati protagonisti di un simpatico teatrino. A questo punto credo che le Olimpiadi siano state inutili”.

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